Il presidente della VI Commissione-Culturadella Regione Friuli Venezia Giulia, Piero Camber.
Piero Camber è nato a Trieste il 30 giugno 1957 ed ha ottenuto nella propria città natale la maturità classica e la laurea in Economia e commercio. Dopo aver svolto il servizio militare nel corpo degli Alpini ha ricoperto l’incarico di direttore amministrativo delle Soprintendenze del Friuli Venezia Giulia. Attualmente è consigliere regionale e consigliere comunale a Trieste in quota al Popolo delle Libertà. È, inoltre, presidente della VI Commissione-Cultura della Regione.
Come consigliere regionale e presidente della VI Commissione-Cultura della Regione lei ha promosso diversi disegni di legge, quali ha maggiormente a cuore? Sicuramente la legge per la promozione e la diffusione dell’amministratore di sostegno a tutela dei soggetti deboli. Mi sto impegnando, però, notevolmente anche per quella di riordino del terzo settore, che riguarda il volontariato, le associazioni di promozione sociale e l’associazionismo. Inoltre, e qui oltre al cuore c’è anche la nostra Trieste, la legge per la tutela e la valorizzazione del nostro dialetto.
La legge sull’amministratore di sostegno, da lei promossa, è innovativa nel panorama italiano, qual è la parte più importante? Si tratta della prima legge regionale di questo tipo nel nostro Paese ed anche altre regioni la stanno valutando. La norma è stata elaborata sulla base di numerosi incontri con i soggetti che amministrano la Giustizia, gli enti locali ed il volontariato e prevede la promozione di questa figura che affianchi le persone non più autosufficienti nelle questioni amministrative e burocratiche, ma anche in alcuni aspetti pratici del vivere quotidiano, che loro non sono più in grado di assolvere. Una volta questi soggetti venivano interdetti, mentre ora viene nominato un amministratore che si occupa solamente di alcuni azioni, come ad esempio il ritiro della pensione, senza entrare nel merito di altri aspetti della loro esistenza. Si tratta di un salto di qualità notevole, che garantisce maggior rispetto per la dignità delle persone. Considerando l’età media degli abitanti di Trieste questo provvedimento potrà rivelarsi molto utile per il capoluogo regionale. Servono dunque amministratori di sostegno motivati e preparati per creare una rete tra la giustizia, gli enti locali ed il volontariato: compito della Regione è aiutare questo percorso.
In merito, invece, alla legge sul volontariato cosa può dire? Per quanto riguarda il volontariato c’è la necessità di un riordino del settore, perché è un mondo che deve rimanere pulito, mentre per alcuni sta diventando un sistema per trovare un posto di lavoro. Anche in questo caso, come per la legge sugli amministratori di sostegno, abbiamo battuto tutti gli ambiti edincontrato almeno un centinaio di associazioni perché la norma sia condivisa ed attuabile. Si tratta di un punto si partenza importante sulla base del quale lavorare per produrre un testo che risponda perfettamente alle esigenze del territorio, proprio perché preparato assieme a chi si trova in prima linea.
Un altro suo impegno è quello per la riforma della sanità regionale. È urgente e necessaria l’attuazione di una riforma ospedaliera. Nella nostra Regione abbiamo, ad esempio, undici punti nascita ed in alcuni di essi ci sono meno di trecento parti all’anno. In quelle strutture i medici fanno troppo poca pratica, il che vuol dire che al primo problema la madre subisce il cesareo. Accorpare i centri di specialità ed eccellenza significa che certe malattie, come i tumori, possono essere affrontate meglio grazie alla maggiore esperienza dei sanitari. Per quanto riguarda la lotta al cancro oggi, nonostante ad Aviano ci sia il Cro, si stanno specializzando sui tumori anche Pordenone, Udine e Trieste: forse in troppi. In ambito sanitario esistono troppi feudi per un territorio da un milione e duecentomila abitanti, quindi è il caso di valutare se fare tre aree vaste, dove ospedale e territorio siano un tutt’uno, mentre oggi sono tra loro sono in lite permanente, scaricandosi spesso costi e responsabilità reciprocamente.
Il quotidiano Il Piccolo ha dato il via alla pubblicazione del Dizionario triestino-italiano, qual è la situazione per quanto concerne la tutela della cultura giuliana? Quella per la tutela della cultura e del dialetto triestino è una battaglia che posso dire con soddisfazione di avere vinto. Il grande traguardo è stato ottenuto con la legge che di fatto mette il triestino giuridicamente a livello delle lingue minoritarie parlate nella nostra regione, ovvero lo sloveno, il friulano e il tedesco. La Regione ha, inoltre, concluso un accordo con Il Piccolo, che ha portato alla pubblicazione del Dizionario triestino-italiano con una spesa pari ad un decimo di quella per la pubblicazione del Grande dizionario italiano-friulano e il nostro dizionario sta entrando gratis in tutte le famiglie.
In quanto membro del Popolo delle Libertà, come giudica l’esito della recente tornata elettorale per le comunali? Nella Venezia Giulia il Pdl ha complessivamente tenuto bene. In base ai risultati di Gorizia e Duino, poi, sono emersi due messaggi forti e chiari. Il primo è che le persone votano l’uomo e non il partito, quindi deve essere il territorio a scegliere il candidato. Il secondo, invece, è che la gente vuole chiarezza fin da subito. Per quanto riguarda Gorizia a vincere è stata una coalizione che rispecchia quella regionale e ciò dimostra la solidità dell’esecutivo Tondo. Certe liste (Un’altra Duino e Un’altra Gorizia articolazioni locali del movimento fondato da Franco Bandelli, ndr) a Duino hanno ottenuto solo poco più del due percento dei voti assieme alla Lega Nord, mentre un anno fa superavano il sette. A Gorizia uguale: un flop spaventoso. Posso capire l’esistenza di “liste di disturbo”, ma credo che a ottenere risultati interessanti sia stato soprattutto il Partito pensionati, che a Gorizia è riuscito ad avere ben tre consiglieri. È la prova che oggi come oggi i partiti di categoria assumono un significato pesante. Non mi meraviglierebbe assistere alla nascita di un “partito degli artigiani”, perché quella è una categoria professionale che ha notevoli interessi comuni da difendere.
Recentemente è stato protagonista della “battaglia” per ottenere il ripristino del servizio Cup nelle farmacie giuliane. A Trieste siamo stati i primi a partire in via sperimentale con questo servizio, che di fatto negli anni è rimasto un onere a carico delle farmacie. Gestire tra le cinque e le ottomila prenotazioni all’anno è un costo rilevante per le farmacie e quindi era necessaria una forma di compensazione economica. Da dicembre dello scorso anno è stato quindi creato un tavolo mediato dalla politica, ma decisamente basato sui rapporti personali, per trovare una soluzione al problema. La via d’uscita dallo stallo è stata l’idea di far distribuire alle farmacie medicinali senza costi aggiuntivi per l’azienda sanitaria e per gli utenti, in cambio del riavvio del servizio Cup. Comunque il problema non è ancora del tutto risolto perché serve un’unica rete regionale per gestire il servizio, alle quale anche Insiel sta lavorando.
Il consiglio comunale di Trieste ha appena approvato il Bilancio di previsione 2012. Come giudica il primo documento fiscale interamente elaborato dalla giunta Cosolini? Si tratta di un bilancio assolutamente in linea con quelli precedenti; l’unica differenza è il brutale inserimento dell’Imu. Come Pdl in consiglio comunale siamo riusciti ad ottenere alcune garanzie, per prima la costituzione di un fondo per l’abbattimento proprio dell’Imu, in riferimento alla prima casa ed al mondo del commercio, dell’artigianato e dei servizi. Ovviamente abbiamo voluto avere un occhio di riguardo per gli alloggi Ater, che la maggioranza voleva invece penalizzare con pesanti ricadute sugli affitti, pagati proprio da chi è socialmente più debole. A livello regionale mi sono impegnato anche per far approvare una norma che consente di considerare gli alloggi Ater al pari delle prime case.
Visto che l’ha nominata, quale ritiene sarà la ricaduta dell’introduzione dell’Imu per il tessuto sociale triestino? Trieste ha una popolazione molto anziana, come dimostra il fatto che il 27,8 percento dei cittadini sia ultrasessantacinquenne, per cui questa tassa va ad incidere pesantemente proprio sui pensionati che sicuramente rientrano tra i redditi più bassi. Un altro aspetto dell’introduzione dell’Imu è il crollo del mercato immobiliare. Praticamente chiunque stesse pensando d’investire la propria liquidazione in una seconda casa, per crearsi una piccola rendita o comperare un appartamento per i figli, ha deciso di aspettare. Si blocca la spesa, aumentano le tasse e non è prevista nessuna forma di rilancio degli investimenti da parte del governo nazionale. Una politica economica contro le norme più elementari di economia.
Infine, secondo lei, oggi di cosa ha bisogno la nostra Regione? Lavoro, lavoro e lavoro. È questa l’esigenza che viene percepita quotidianamente. Non ci sono più possibilità d’impiego nei rami amministrativi, per cui i ragazzi dovrebbero puntare ad altri settori, come l’artigianato. La Regione sta aiutando le imprese a restare in piedi, nonostante la crisi, con enormi risorse. L’ultima norma regionale anticrisi ha dato una mano a ben seimila aziende. Il lavoro nasce dagli investimenti, ma con questa crisi chi è intenzionato a investire punta all’estero. Nel settore dei trasporti, ad esempio, molte aziende hanno chiuso oppure si sono trasferite in Slovenia, dove la tassazione è minore e ci sono anche altri incentivi. Paghiamo lo scotto della vicinanza al confine: benzina, sigarette, mano d’opera, materie prime, tutto costa meno oltre confine. Ci vorrebbe un autentico federalismo fiscale che ci aiuti e protegga.
Mattia Assandri (pubblicato su Il Mercatino del 18 maggio 2012)