Intervista a Massimiliano Fedriga,vice presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord

Il vice presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord Massiliano Fedriga

Massimiliano Fedriga è nato a Verona il 2 luglio 1980 ma vive a Trieste fin da piccolo, città nella quale si è laureato in Scienze della Comunicazione. Libero professionista si occupa di consulenza su marketing e comunicazione. A diciotto anni è stato nominato segretario dei “giovani padani” per la provincia di Trieste, carica che ha ricoperto fino al 2000. Nel 2003 è stato eletto segretario provinciale della Lega Nord, carica che tuttora detiene. Nel 2008 è stato eletto deputato, il più giovane nella storia della nostra regione, e dall’inizio di quest’anno è vice presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord.

Onorevole Fedriga, la Lega Nord – alla quale lei appartiene – e l’Italia dei Valori, sono due correnti politiche molto distanti tra loro, entrambe però si sono schierate all’opposizione rispetto al governo Monti ed hanno richiesto elezioni anticipate mentre partiti più grandi hanno preferito affidarsi ai tecnici, come mai? Sicuramente oltre a quella economica oggi c’è anche la crisi dei grandi partiti e del terzo polo che sta cercando di uscire dall’angolo. Popolo della libertà e Partito democratico stanno cercando di guadagnare tempo, ma intanto la situazione del Paese peggiora, ed i sondaggi dimostrano che questo per loro si riflette anche in un calo dei consensi, mentre la nostra coerenza dà i suoi frutti. La Lega Nord ha chiesto il voto anticipato, cosa che aveva già fatto quando Fini aveva lasciato il Pdl perché mancavano i numeri per portare avanti le riforme necessarie al Paese, ed ora prosegue con la propria linea politica con spirito di responsabilità. Quando Berlusconi ha dato le dimissioni “la palla” sarebbe dovuta tornare agli elettori, perché ad un governo in carica non può mancare l’avallo degli elettori. Avremmo dovuto andare alle urne e presentare durante la campagna elettorale le scelte difficili che il nuovo governo avrebbe dovuto affrontare. Con la nomina di Monti a Presidente del Consiglio è stato aggirato uno scalino fondamentale della democrazia ed è stata aperta la via al governo dei poteri forti. Sono molto perplesso quando penso che l’attuale ministro dei Trasporti proviene da Banca Intesa, quello del Lavoro da Intesa San Paolo e lo stesso Presidente del Consiglio è stato a lungo uomo di Goldman & Sachs.

Oggi c’è molta attenzione nei confronti della classe politica e dei privilegi di cui gode, ma nel nostro Paese esiste più di una “casta”. Quella dei parlamentari è la categoria più esposta, ma per questo forse anche la più trasparente. Ci sono situazioni meno note ma decisamente vergognose all’interno dell’apparato burocratico dello Stato. Mi rendo conto che parlare di “poteri forti” può sembrare populista, ma la loro esistenza è una realtà. Certamente lascia perplessi il fatto che il vice ministro del Lavoro, Michel Martone, sia diventato professore ordinario di Diritto del Lavoro a soli ventinove anni partecipando ad un concorso per due posti al quale ben sei candidati su otto si sono ritirati. Un altro fatto assurdo è che un sottosegretario alla presidenza del Consiglio abbia una pensione di cinquecentomila euro all’anno per essere stato segretario generale del Senato. È innegabile come nel nostro Paese ci siano lobby di potere che si autoalimentano pur restando lontane dalla politica di prima linea e quindi dall’attenzione mediatica.

La Lega si è schierata contro numerosi provvedimenti del governo Monti, uno di questi è il cosiddetto Decreto “Svuota Carceri”, per quale motivo lo avete osteggiato? Ci siamo dichiarati contrari a quel provvedimento sostanzialmente per due ragioni. La prima è che estende da dodici a diciotto mese la possibilità di scontare agli arresti domiciliari l’ultima parte del periodo di detenzione. Ci eravamo già dichiarati critici quando Alfano aveva introdotto il limite dei dodici mesi, ma il nuovo provvedimento non è accettabile. Capiamo la necessità di avere carceri meno affollati, ma agevolare così l’accesso agli arresti domiciliari vuole dire annullare la certezza della pena. La parte più grave del decreto è, però, l’eliminazione dell’obbligatorietà della custodia in carcere per chi viene colto in flagrante a commettere un reato. Ad esempio, quando uno spacciatore, magari zingaro, verrà fermato mentre sta vendendo droga gli sarà imposto l’obbligo di rimanere nella propria roulotte, con il semplice risultato che dopo un’ora questi si sarà già dileguato. Così facendo si lasciano liberi i criminali.

Un’altra questione piuttosto spinosa sulla quale il suo partito ha preso posizione è quella delle liberalizzazioni, che ha portato ad una forte protesta anche dei taxisti. Le liberalizzazioni sarebbero auspicabili se riguardassero un po’ di più banche e assicurazioni. Liberalizzare le licenze dei taxi sicuramente non è la soluzione di tutti i problemi dell’Italia, ma è un buon specchietto per le allodole, che serve a distrarre l’attenzione pubblica da altre questioni. Sulle farmacie siamo favorevoli ad aumentarne il numero, ma non alla liberalizzazione completa della vendita dei farmaci. Personalmente non apprezzo quell’aspetto della società americana per il quale al supermercato si possono comprare, oltre alla carne ed al latte, anche gli psicofarmaci. Le medicine devono essere gestite da personale preparato, che possa anche consigliare i clienti. Si dovrebbe, però, chiedere ai farmacisti di investire anche sulle aree meno redditizie, perché offrono un servizio importante per le piccole comunità.

Crede che il Governo Monti riuscirà a ultimare la legislatura o presto l’appoggio di Pd e Pdl verrà a mancare? Monti rimarrà in carica fino alla fine della legislatura, perché difficilmente Pd e Pdl gli negheranno il proprio sostegno. Inoltre presto verrà l’estate e subito dopo il semestre bianco durante il quale non si possono sciogliere le camere.

Dopo la caduta del governo Berlusconi la frattura tra Popolo della Libertà e Lega Nord è apparsa molto netta, è possibile secondo lei una riappacificazione, anche solo in ambito locale? Certamente la nostra linea è di non correre alle elezioni, nemmeno in ambito locale, assieme alle forze politiche che sostengono Monti. Diversa è la questione delle liste civiche, che verrà valutata di volta in volta. Per quanto riguarda il Pdl è difficile che ci sia una ricomposizione della frattura con la Lega Nord perché sta facendo esattamente l’opposto di quanto promesso in campagna elettorale e quindi l’affidabilità del partito è ai minimi storici.

Lei è stato anche candidato sindaco di Trieste, la sua città, di cosa ha bisogno oggi il capoluogo regionale? A Trieste servirebbe una politica chiara di sviluppo del futuro piano strategico trasversale che coinvolga tutti gli attori politici ed economici presenti sul territorio, una cosa che Cosolini non ha ancora attuato. Bisogna superare la “mentalità dell’emergenza” e capire quale assetto dare alla città nei prossimi decenni. Penso che Trieste debba puntare sul terziario avanzato e sul turismo, anche se quest’ultimo non può essere il pilone che sorregge l’economia locale. Bisogna favorire maggiormente il potenziamento dei trasporti, un settore dove oggettivamente ci sono seri problemi. Non si può fare una colpa a Trenitalia se riduce i treni nelle tratte dove non ha ritorno economico, ma nemmeno lamentarsi della situazione e poi bloccare le liberalizzazioni positive per il mercato. Ad esempio, le aziende austriache che potrebbero essere interessate ad operare nella nostra regione, sono bloccate dal costo eccessivo richiesto per l’utilizzo della rete ferroviaria.

Un’altra questione tipicamente triestina è il riuso del Porto Vecchio, lei che posizione ha in merito? Il mio sogno è quello di riuscire a portare in quegli spazi la sede europea di una grande multinazionale. Così facendo si creerebbe un circuito enorme che permetterebbe la nascita di molte piccole imprese ed anche lo sfruttamento in maniera ottimale delle aree della zona franca per lo stoccaggio
delle merci.

Per quanto concerne invece l’area del Sito inquinato di interesse nazionale, che di fatto blocca lo sviluppo industriale della provincia giuliana, sembra che finalmente una soluzione si stia profilando all’orizzonte.
Penso che la perimetrazione sia stata esagerata e quindi dobbiamo accelerare al massimo per sbloccare la situazione. Bisogna ultimare le caratterizzazioni per capire dove si trovano gli inquinanti. Certamente non si può addossare il costo delle bonifiche a
coloro che hanno comprato i terreni senza sapere che essi erano inquinati.

In questi giorni Regione, Provincia e Comune di Trieste stanno lavorando per imprimere un’accelerazione all’individuazione di una soluzione al problema della Ferriera di Servola, secondo lei quale è il destino dello stabilimento?
Bisogna puntare alla riconversione dell’area. Non ci si deve lasciare prendere in giro dalla proprietà dello stabilimento, che per altro è cambiata più volte, discutendo sempre degli stessi temi. Che la produzione della ghisa stia per diventare antieconomica è un fatto noto da molto tempo e quindi sarebbe bene puntare subito alla riconversione dell’impianto.

Per anni Trieste ha goduto di forti sovvenzioni statali, condivide l’idea
che quest’azione di sostegno abbia “drogato” l’economia giuliana, causando nel lungo periodo una perdita di competitività del territorio?
Il Fondo Trieste ha sovvenzionato imprese che non hanno pensato alle necessità ed agli interessi del territorio. La città non può rimanere una “bella addormentata” in attesa di contributi pubblici, ma deve chiedere maggiore libertà d’azione per sviluppare iniziative concrete come ad esempio l’inserimento tra le zone per le quali è prevista la fiscalità di vantaggio a causa della vicinanza della Slovenia. Troppo spesso il capoluogo regionale è paralizzato dalle polemiche. Ogni volta che si deve muovere una pietra sorgono mille veti ed altrettanti comitati contrari a qualsiasi azione. Per quanto riguarda, ad esempio, il nuovo ponte che dovrà sorgere sul canale di Ponterosso la situazione è assurda. Onestamente credo che si dovrebbe fare una gara internazionale per permettere ad un architetto di calibro di realizzare un’opera nuova ed unica che potrebbe anche diventare un’attrazione turistica.

Mattia Assandri